Programmi di riforestazione, sono davvero un fallimento? Un’analisi mostra che è necessaria una revisione urgente delle linee guida. Il motivo
Che il cambiamento climatico sia uno dei problemi più urgenti da affrontare sul pianeta è ormai cosa certa, andando oltre i negazionisti e coloro che muovono ancora dubbi sul fatto che il pianeta stia soffrendo per l’aumento eccessivo della temperatura. Bisogna agire ora ed anche in modo mirato per ridurre le emissioni di anidride carbonica che fino ad ora hanno intaccato l’equilibrio naturale.
I modi per farlo sono diversi e spesse volte ne abbiamo parlato. Tra questi, negli ultimi anni si sono fatti avanti i programmi di riforestazione, usati come mezzi, soprattutto dalle aziende, per compensare le emissioni nocive prodotte dalle loro attività. Si tratta di progetti che puntano alla conservazione delle foreste e alla piantumazione di altri alberi, ma quanto sono efficaci? Proprio partendo da questa domanda il rapporto dell’AAAS, l’American association for the advancement of science, ha stilato un’analisi che non mostra nulla di positivo.
L’analisi condotta dall’American association for the advancement of science (AAAS) su programmi di riforestazione, ed in particolare su quelli REDD+ (Riduzione delle Emissioni derivanti dalla Deforestazione e dal Degrado forestale), che hanno come obiettivo la prevenzione della deforestazione, mostra diversi dubbi sulla reale efficacia ed accuratezza dei progetti realizzati fino ad ora.
Secondo lo studio, infatti, i benefici stilati fino ad ora come esito delle compensazioni di carbonio che vengono negoziate nei mercati ad hoc ed usate per bilanciare l’impatto ambientale delle aziende, sono state sovrastimati. Su 26 dei progetti analizzati dal team, realizzati in 6 diversi Paesi, molti non hanno raggiunto affatto i livelli di riduzione della deforestazione che erano stati previsti.
Ma non è tutto. Anche quelli di maggior successo non si sono spinti fino in fondo, facendo meno di quello che realmente avrebbero potuto fare. Ecco allora che questi dati insinuano alcuni dubbi sul meccanismo delle compensazioni di carbonio che potrebbero non essere poi così efficaci per combattere il cambiamento climatico e nello stesso tempo anche la strategia della conservazione delle foreste può essere messa in discussione.
Proprio per questi motivi, i ricercatori hanno detto a chiare lettere che serve, urgentemente, rivedere le linee guida che stabiliscono i metodi di compensazione per fare in modo che i dati siano non solo più reali ma anche più efficaci. Perché piantare nuovi alberi resta una pratica efficace contro il cambiamento climatico ma va fatta in modo serio e ponderato, guardando al territorio, inserendo specie autoctone e non solo come metodo per la compensazione, in quanto il primo step di questo processo è ridurre le emissioni a monte.