Perché l’elettricità dei fulmini non viene sfruttata come fonte di energia? Andiamo a scoprirlo nel dettaglio.
Nell’infanzia i fulmini ci facevano prendere sempre degli spaventi enormi, tanto che i nostri cari erano soliti rincuorarci, raccontandoci storie legate agli dei, con Zeus che ne li usava come suo potere. Talvolta, ancora oggi che si è adulti quando dalle nuvole temporalesche si abbattono sul terreno, il loro suono e la loro vista ci fanno tremare.
Ci sono poi quelli che, invece, quando arriva un temporale si sento avvolti in una dolce malinconia e non mancano persone che amano cimentarsi in scatti suggestivi, riuscendo a catturare lo spettacolo cerato in cielo.
Se sono ricchi di fascino, con i fulmini non c’è da scherzare. Sono, infatti, pericolosi vista la loro immensa potenza: quando uno si scarica sul terreno, questa è pari a circa 500mila megawatt. Un numero che fa capire quanto sia forte un fulmine a cui si aggiunge la sua velocità incredibile. La saetta può abbattersi in soli 30 milionesimi di secondo.
Ma quanta è l’energia rilasciata da un fulmine? Questa è pari in media a 4000 wattore. È veramente tanta se si pensa che una quantità simile serve per alimentare una lampadina di 100 watt per 40 ore. Quindi può sorgere spontanea una domanda: perché non immagazzinare tutta questa energia per produrre elettricità? Andiamo a scoprire come mai non vengono sfruttati i fulmini come fonte energetica.
Elettricità dei fulmini: come mai non si usa come fonte di energia, i motivi
In un momento storico in cui non sentiamo altro che parlare di cambiamenti climatici, si mette in campo di tutto pur di contrastare la produzione di C02. In questo senso, si punta tantissimo sulle fonti energetiche alternative, come il fotovoltaico e l’energia idroelettrica (scopri qui un approfondimento sul tema).
Se si sfruttano le risrose donate dalla natura per produrre energia, alcuni potrebbero pensare che si potrebbe anche fare leva su quella prodotta dai fulmini per produrre elettricità. Ma in realtà questo non è così conveniente: il primo problema è il modo in cui viene immagazzinata. Non si può introdurre, infatti, l’energia del fulmine all’interno di un circuito di distribuzione.
Quello che servirebbe sarebbe un mastodontico condensatore che tra le sue pareti riesca a sostenere la tensione della scarica, ma di certo è un processo molto ostico.
Un altro problema è il fatto che l’energia dei fulmini varia molto e la loro presenza non è regolare sulla nostra terra. Si tratta di fenomeni sporadici, che non sono così prevedibili. E poi se in zone come la Florida si creano dei corridoi di fulmini, dalla potenza immensa, non è così in molte parti del mondo, in cui sono molto più esigui e meno forti.