Era il giorno di Pasqua del 1960, quando David Latimer ebbe l’idea di creare un micro ecosistema in bottiglia: l’esperimento a distanza di 60 anni.
Durante il giorno di Pasqua, David Latimer ebbe un’intuizione che, anni più tardi, avrebbe cambiato il mondo. Non sa neanche lui spiegare bene il motivo della sua scelta, eppure, quel giorno di tanti anni fa, decise di ricreare un micromondo vegetale all’interno di una damigiana. Un ecosistema da ammirare attraverso il vetro della bottiglia. Era il 1960.
Nella sua casa, nel sud dell’Inghilterra, nella contea del Surrey, Latimer, ingegnere del settore dell’energia elettrica, tanto per trascorrere un po’ di tempo libero, vista la festa di Pasqua, decise di effettuare un esperimento. Dato il suo amore per le piante, l’uomo volle cercare di ricreare un habitat in un contesto in particolare: l’interno di una damigiana di vetro.
L’esperimento effettuato da David Latimer e l’ecosistema autoriproduttivo
Amante delle piante, Latimer aveva casa piena di vegetali ornamentali, posizionati in ogni angolo. Come riferisce lui stesso, era solito parlare con le sue piantine. Quella domenica del 1960, però, decise di fare qualcosa di diverso. E così, prese una damigiana gigantesca, da 40 litri, che aveva in cantina da chissà quanto tempo, prelevata da un’azienda che se ne doveva disfare.
Sotto lo sguardo vigile della moglie, l’uomo portò la damigiana in casa, la ripulì per bene e poi la riempì di terra, versandola attraverso un giornale arrotolato a forma di imbuto. Dunque, prelevò la prima piantina, strappandola dal vaso e inserendola nella bottiglia. Era una tradescantia, pianta che David amava. L’idea era quella di creare una talea della pianta, per moltiplicarla in quello strano ambiente chiuso.
Latimer infilò la talea nella bottiglia, poi la sistemò a terra utilizzando il manico di una scopa, visto che non riusciva ad arrivarci con le mani. Bagnò leggermente il terriccio, e poi chiuse la damigiana con un tappo di sughero. Prese la bottiglia e la posizionò accanto a una finestra, dove la piantina poteva ricevere la luce necessaria per crescere.
Il bello è che, un esperimento effettuato totalmente a caso, iniziò a dare i suoi risultati in pochi giorni. La talea si era sviluppata, aveva creato nuove foglioline e aveva radicato perfettamente. Mese dopo mese, la piantina crebbe, sempre di più, fino a moltiplicarsi autonomamente, riempiendo l’intera damigiana. Senza concime, senza fertilizzante, persino senza acqua, la tredescantia si era sviluppata, tutta da sola.
Era riuscito a farlo per via del microclima che si era creato nella bottiglia, un ecosistema autonomo. Soltanto nel 1972, cioè 12 anni dopo, David decise di aprire il tappo di sughero e di versare un bicchiere di acqua, per poi tappare nuovamente la damigiana. Questo ecosistema è riuscito ad alimentarsi in autonomia perché le piante hanno assorbito anidride carbonica, scindendo il carbonio tramite la fotosintesi e utilizzandolo per costruire nuovi tessuti, mentre l’ossigeno liberato arricchisce l’atmosfera.
I batteri del terreno degradano la materia organica, autoconcimandosi. Il ciclo vitale è completo e autonomo. Le foglie che muoiono alimentano il terreno, il terreno si arricchisce e nutre le radici. L’acqua con il caldo evapora, si condensa sulla superficie di vetro, per poi ricadere in goccioline sul terreno. Ancora oggi, la pianta è viva e in salute, sempre all’interno del boccione sigillato.