L’Ai controlla la produttività dei lavoratori: l’uso della tecnologia ed i risvolti non previsti. Una vicenda che deve far riflettere: il motivo
Oggi non si parla d’altro. C’è chi ne ha una considerazione positiva e chi negativa, chi ha sentito parlarne molte volte ma non sa in realtà cosa sia realmente, chi non si esprime perché vuole capirne di più. Il riferimento è all’intelligenza artificiale che nell’ultimo periodo sta “invadendo” sempre più campi della nostra vita.
Se inizialmente, infatti, era un qualcosa riservato agli addetti ai lavori, a coloro che di tecnologia se ne intendono ad alti livelli, oggi è arrivata a tutti. C’è chi si chiede quanto sia sostenibile il suo uso, chi come possa influenzare il marketing e chi la utilizza nelle logiche di lavoro per controllare la produttività dei propri dipendenti. Ebbene sì, è quello che è successo in una caffetteria.
L’Ai controlla la produttività dei lavoratori: un monito per riflettere
L’Ai entra nella cultura imprenditoriale e rivoluziona le logiche del lavoro. Non per assolvere meccanismi e compiti complessi ma per analizzare il comportamento di baristi e clienti. È quello che si apprende oggi dai social dove sta diventando virale il video di una caffetteria nella quale tramite l’intelligenza artificiale si traccia il numero dei clienti che sono entrati ma anche quello che ogni barista riesce a servire ogni ora, contabilizzando anche il tempio medio impiegato per preparare ogni bevanda e anche il tempo medio che i clienti trascorrono nel bar.
Insomma, non scappa nulla tramite l’intelligenza artificiale ed il proprietario riesce non solo ad avere una stima di soddisfazione dei clienti, rispetto a cosa consumato e per quanto restano nel locale, ma soprattutto a controllare la produttività di ogni dipendente. Pensando in modo meccanico e freddo, si potrebbe dire, che si tratta di un sistema infallibile per testare la meritocrazia e l’impegno di ogni dipendente, ma così l’etica, la morale e l’umanità del mondo del lavoro che fine fanno?
Non bisogna dimenticare, infatti, che ogni lavoratore non è una macchina o un robot, ma un essere umano che ogni giorno può lavorare in modo diverso in base a determinati fattori, soprattutto in un locale come una caffetteria. Ci sono tanti aspetti, a volte privati, altri legati all’ambiente di lavoro che portano a lavorare con più o meno fretta. In questo caso cosa conta? La velocità nel servire o la cordialità, la cortesia e la capacitò di offrire un servizio impeccabile?
C’è tanto da riflettere sull’uso dell’Ai che, se è vero che per certi versi arriva dove gli uomini non arrivano proponendo soluzioni super, in altri contesti e situazioni elimina ogni traccia di umanità e questo è davvero triste oltre che imbarazzante. Davvero vogliamo essere “comandati” ed indirizzati da un robot?