Cimitero di gomme nell’Oceano: un grande progetto che si è dimostrato un vero disastro ambientale. Vediamo tutti i dettagli della vicenda
Oggi sappiamo che l’Oceano è minacciato continuamente da montagne di rifiuti che arrivano in mare aperto e a volte creano delle vere e proprie isole di spazzatura. Uno scempio che non fa altro che ledere il già fragile equilibrio marino. Tutta colpa dell’uomo e del suo scellerato modo di disperdere i materiali nell’ambiente.
Nulla ha a che vedere con questo il cimitero di gomme che si trova in fondo all’Oceano Atlantico, anche se il principale responsabile è sempre l’uomo. Ma come ci sono finiti così tanti pneumatici nei fondali marini? Tutta “colpa”, si fa per dire, del progetto Osborne Reef che negli anni Settanta fu messo in atto al largo di Sunrise Boulevard a Fort Lauderdale in Florida. È proprio qui che furono scaricati in mare circa 2 milioni di pneumatici. Ma perché? Facciamo chiarezza.
Cimitero di gomme nell’Oceano: il motivo
Creare una la barriera corallina artificiale, la più lunga del mondo, al largo della Florida, per incoraggiare la crescita di nuovi coralli, migliorare la biodiversità del luogo, attirando anche i pesci di grossa taglia per un doppio giovamento: naturale ed economico. Era questo l’intento del progetto Osborne Reef proposto da un’associazione no profit di pescatori e accettato dalle autorità federali. Ecco allora che è stato creato un vero e proprio substrato di gomme usate che furono legate tra di loro con ganci in acciaio e delle cinghie di nylon.
Un progetto enorme e proposto come uno dei più innovativi del momento. Peccato che si è dimostrato solo un grosso buco nell’acqua rivelandosi uno dei più grossi disastri ambientali mai visti al mondo. L’acqua salata, infatti, ha corroso le cinghie che tenevano attaccati i pneumatici e così questi hanno iniziato a “vagare” sul fondale dell’oceano diventando delle vere e proprie mine trasportate dalle correnti oceaniche, dalle onde e dalle tempeste in giro per il mare.
Un danno enorme per l’equilibrio marino, già fragile perché minacciato da altri fattori come la crisi climatica, l’inquinamento e la pesca intensiva. Per cercare di rimediare dal 2007 ad oggi sono in atto una serie di azioni che si stanno dedicando alla rimozione delle gomme dal fondale che, come si può immaginare, non è per nulla facile. A collaborare anche l’esercito e alcune associazioni no-profit.