Com’è possibile che un uomo fece esplodere il Papa? È il mistero, neanche più tanto tale, dell’imbalsamazione andata male del Pontefice più chiacchierato del XX secolo.
Papa Pio XII, all’anagrafe romana Eugenio Maria Giuseppe Giovanni Pacelli, è stato il pontefice della Chiesa di Roma durante il secondo conflitto mondiale. Eletto nel 1939, Papa Pacelli resta in carica fino al 1958 quando fu stroncato da un’ischemia. La figura di Pio XII è una delle più chiacchierate del XX secolo e una di quelle che puntualmente torna alla ribalta riportando al centro dell’attenzione la sua figura storica; ne è un esempio la pubblicazione qualche settimana fa di alcuni articoli di giornale sulla stampa nazionale che evidenziano come il Pontefice fosse a conoscenza dello sterminio dei campi di concentramento. Un nuovo documento che emerge a seguito dell’apertura degli archivi vaticani e dal ritrovamento di una lettera indirizzata al Papa. Una vicenda che rimette in discussione il ruolo della Chiesa nel periodo della follia nazista.
Ma al di là del ruolo storico che un Papa ha in ogni epoca da sempre, c’è un episodio che accompagna la vita, anzi il fine vita, di Pio XII e che dell’eccezionale. In ambito provato, la vita di Papa Pacelli è legata a quella dell’oculista Riccardo Galeazzi Lisi che fu suo medico privato e lo seguì negli sul soglio pontificio. Proprio Lisi è oggi ricordato da molti come l’uomo che fece esplodere il Papa.
Figura controversa verso cui la Chiesa di Roma più volte si è discostata negli stessi in cui l’oculista frequentava il Vaticano, Galeazzi Lisi fu comunque archiatra del Papa e per questo motivo lo seguì anche nelle fasi successive alla morte. Da tradizione, proprio come avviene per i sovrani, i papi sono imbalsamati anche per far fronte al lungo periodo di saluti che precede la sepoltura e poi il Conclave che porta all’elezione del nuovo pontefice. Come suo medico, Lisi si occupò quindi del processo di imbalsamazione e volle -contro quello che sembra essere stato il parere contrario di alcuni colleghi- mettere in pratica una tecnica sperimentale da lui stesso inventata. Il medico riferì che queste erano state anche le disposizioni del Papa stesso, il quale non voleva che il suo corpo fosse smembrato con la rimozione degli organi processo necessario durante l’imbalsamazione.
Lisi dà quindi disposizioni di trattare il corpo del Papa con degli unguenti e delle spezie, e successivamente di avvolgere la salma in fogli di cellofan. In questo modo, il medico era convinto e aveva convinto anche Pio XII che il corpo si sarebbe mantenuto intatto per tutti i giorni di esposizione. In realtà non fu così, tutt’altro; ci volle davvero pochissimo tempo perché questa tecnica dimostrasse la sua infondatezza e la salma del Pontefice cominciasse a decomporsi.
Nei giorni successivi, la situazione andò poi solo peggiorando con le spoglia di Pio XII che mostravano tutti i segni naturali di un corpo in avanzato stato di decomposizione. Questo vuol dire che i gas liberati in questa fase iniziarono a far gonfiare lo stomaco, mentre da occhi e bocca cominciò ad uscire un liquido nero. Tutto questo accompagnato da un odore che si fa sempre più insopportabile. Il culmine della vicenda si ha il giorno in cui il cadavere del Papa deve essere trasportato da Castel Gandolfo sul sagrato di San Pietro: l’addome oramai estremamente dilatato esplode. L’episodio costrinse gli altri medici a correre ai ripari per cui il volto di Papa Pacelli, ormai sfigurato, fu ricoperto da una maschera, mentre l’addome squarciato fu richiuso avviando una seconda fase di imbalsamazione, questa sì autentica. Dopo 9 giorni di saluti, il corpo di Papa Pio XII trova poi pace nelle Grotte Vaticane.