La crisi economica si fa sentire soprattutto per le donne; per loro infatti è più difficile arrivare alla fine del mese o ottenere un mutuo.
Che L’Italia -come la maggior parte dei Paesi del mondo- non sia un Stato egualitario tra uomini e donne in termini economici lo sappiamo ormai da tempo. Nel bel Paese il geneder pay gap è tra i più alti in Europa e crea un danno economico che si aggira tra i 50-150 miliardi di euro. Non un Paese per donne insomma, soprattutto se single.
La situazione si aggrava, infatti, se parliamo di donne che pur essendo lavoratrici vivono da sole. Un numero sempre più crescente, in particolare di over 65, eppure per questa fetta sempre più consistente di popolazione arrivare alla fine del mese o ottenere un mutuo in banca si fa più difficile se si compara la situazione a nuclei famigliari maggiori o famiglie monocomponenti ma maschili. La speranza oggi è che si arrivi ad un cambio di rotta, che non solo è necessario -se consideriamo che la maggior parte della famiglie monoparentali di oggi è a carico delle donne e che queste devono essere messe in condizione di vivere degnamente- ma è richiesto anche dagli obiettivi finali dal raggiungere con il PNRR.
Stipendi bassi e meno opportunità lavorative: in Italia vivere da sole non è (ancora) possibile
Per quanto una parte di politica abbia deciso di non guardare, è in dubbio che in Italia è in atto una trasformazione demografica che porta con sé come logica conseguenza anche un cambiamento nella composizione dei nuclei famigliari. Così come riportato da La Repubblica, secondo gli ultimi dati Istat in Italia il numero delle persone single è ormai superiore a quello delle coppie sposate e con figli, il 33,2% contro il 31,1%. Un più recente rapporto, sempre dell’Istituto di Statistica italiano, sottolinea poi come vivere da soli costi in media 571 euro in più rispetto a chi vive in coppia.
Un aumento di costi che si moltiplica se consideriamo che a vivere da sole sono le donne, che poi sono anche il numero maggiore di quel 33% citato prima. Costi che si moltiplicano proprio a causa del gender pay gap; secondo i dati Eurostat, in Italia la disuguaglianza economica tra uomini e donne in termini di retribuzione si aggira intorno al 5,5%. Gli incarichi lavorativi più importanti sono generalmente ricoperti dagli uomini, mentre le donne si fanno carico di lavori non retribuiti come la cura della casa e dei figli, motivi per i quali restano anche per più tempo fuori dal mercato del lavoro. Questo ha un impatto sull’autonomia economica delle donne che si fa sentire particolarmente in questo momento storico segnato da un aumento del costo della vita.
Stipendi più bassi e affitti che pesano: le donne si avviano al cohousing
Lavorano di meno o sono pagate di meno, per questo le donne fanno più difficolta della controparte maschile ad arrivare alla fine del mese o a vedersi accettare un mutuo in banca. Gli stipendi bassi e l’alto tasso di inflazione attuale, ha spinto proprio le donne negli ultimi anni a cercare nuove tipologie abitative. In particolare nelle grandi città si stanno sviluppando sempre più cohousing ovvero una tipologia di abitazione collettiva per cui si condividono spazi comuni insieme ad altri nuclei famigliari, ciascuno con il proprio alloggio privato ma situato nello stesso complesso. Questo determina vantaggi tanto in termini economici quanto di mutuo soccorso, in quanto si creano più occasioni di socialità.
L’emergenza indipendenza per le donne vittime di violenza
Un discorso a parte dovrebbe poi essere dedicato alle donne vittime di violenza domestica. In casi del genere, le donne che si avviano ad un percorso di indipendenza e di allontanamento del carnefice hanno ancora più difficoltà. Si tratta generalmente di donne che sono state costrette all’isolamento, quindi ad allontanarsi dal mondo del lavoro e il rientro si fa sempre più complesso. Una volta sole, queste donne non hanno le risorse economiche per il sostentamento, tanto meno per intestarsi un contratto di affitto o versare una caparra. Per questo diventano necessari i centri antiviolenza che avviano le donne al mondo del lavoro e al contempo danno loro una sistemazione abitativa. Tuttavia, i fondi a loro destinati sono sempre di meno e più in generale, gli strumenti adottati per aiutare le donne sembrano essere inadeguati.
In molte facevano affidamento sul reddito di cittadinanza che è stato eliminato e sostituito dall’assegno di inclusione, erogato però solo a donne con ISEE inferiore ai 9.500 euro e con un figlio a carico o che abbiano una disabilità o più di 60 anni. Restano fuori tutte le altre donne che dunque si trovano ad affrontare una situazione di difficoltà economica maggiore.