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Green

Sacchetti biodegradabili, c’è una falla negli impianti: una nuova scoperta lascia sbigottiti

È stata scoperta una falla negli impianti di smaltimento: i sacchetti biodegradabili, quelli dell’umido, non si smaltiscono correttamente.

Bustina biodegradabile dell’umido (Canva) – Orizzontenergia.it

Il progetto elaborato dal Fraunhofer Institute ha esaminato il degrado dei rifiuti organici negli impianti di smaltimento, scoprendo una falla riguardante il degrado dei sacchetti dell’umido. In collaborazione con le università di Bayreuth, Hohenheim e BEM, il progetto tedesco Fraunhofer Institute for Chemical Technology ha scoperto una cosa allarmante riguardante la biodegradabilità dei sacchetti dell’umido.

I ricercatori, infatti, hanno scoperto che i sacchetti biodegradabili, in realtà, non riuscirebbero a degradarsi correttamente, inquinando lo stesso. E pensare che li abbiamo sempre ritenuti sicuri e sostenibili, proprio per favorire il riciclo dei rifiuti organici alimentari. Ma come è possibile? Come si è giunti a questa conclusione?

Falla negli impianti, un progetto tedesco smaschera lo smaltimento dei sacchetti biodegradabili

Sacchetto biodegradabile (Canva) – Orizzontenergia.it

La conclusione a cui è giunto il progetto tedesco mina le certezze di tutti i cittadini, ma come si è arrivati a capire il problema? Il progetto consisteva nell’analizzare il processo di deperimento dei sacchetti biodegradabili all’interno degli impianti di riciclo europei, facendo luce sul potenziale di questo materiale utilizzato per la produzione stessa dei sacchi.

Cercando di trovare una soluzione davvero green, i ricercatori hanno munito 10 mila famiglie tedesche con sacchetti dell’umido biodegradabili, e raccolto poi i vari sacchetti colmi di materiali organici, quindi di scarti alimentari. Una volta portati negli impianti di riciclaggio, i sacchetti vengono separati dai resti del cibo, quindi si separa il contenitore e il contenuto. Qui avviene la falla, perché i sacchetti iniziano a biodegradarsi già a contatto con il cibo, restando in parte attaccati ai rifiuti.

In questa fase di separazione, dunque, minuscole particelle si scompongono, spargendosi negli impianti. Quando i rifiuti alimentari, derivante dal riciclo, vengono trasformati in compost, questo presenta grandi quantità di microplastiche, microplastiche che, di conseguenza, finiscono nel terreno, e poi in ciò che mangiamo.

Come risolvere il problema: esiste davvero un’alternativa o no

La conclusione alla quale sono giunti i ricercatori del Fraunhofer Institute è che i sacchetti biodegradabili si scompongono in modo scorretto, restando a contatto con l’umido, e non si riescono a riciclare al 100%, poiché rilasciano microparticelle di plastica. A questo punto, afferma l’istituto, meglio puntare sui classici sacchetti di carta, i migliori in assoluto. Certo, così facendo, sorgerebbe un altro problema, ossia la deforestazione, l’abbattimento di alberi per la produzione della carta.

Da un problema ne sorge un altro. La sfida dei Governi per la salvaguardia dell’ambiente è ardua, e ancora non si riesce a capire come intervenire senza avere un’impronta più leggera sul mondo, a incominciare dall’inquinamento domestico. I sacchetti che utilizziamo da anni ormai, non sarebbero dunque sufficientemente biodegradabili. E allora, come comportarsi?

I ricercatori tedeschi consigliano di non utilizzare più tali sacchetti, ma come bloccare questo sistema ormai in funzione da anni? Fino a quando gli impianti di riciclo non saranno migliorati, non si riuscirà a ottenere una separazione perfetta tra sacchetto e materiale organico. Staremo a vedere e qualcosa cambierà, se i singoli Stati prenderanno provvedimenti, o se andranno avanti imperterriti, senza trovare una soluzione concreta al problema.

Andrea Cerasi

Romano, laureato in Lettere all'Università La Sapienza di Roma, è autore di romanzi e saggi. Appassionato di ambiente e di sostenibilità, amante della natura e degli animali.

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