Il settore della fast fashion può sembrare il più conveniente dal punto di vista economico, ma non è la scelta migliore per l’ambiente.
Negli ultimi anni, si sono sviluppati tantissimi siti specializzati nella produzione ma, soprattutto, nella vendita di massa di vestiti, scarpe e accessori. Questo settore è noto con il nome di settore della fast fashion. In poche parole, con questa definizione, andiamo ad intendere tutte quelle case produttrici che, utilizzando materiali a costi inferiori, di scarsa qualità e di basso livello manifattura, si immettono in maniera incredibilmente competitiva sul mercato. Il che comporta il naturale avvicinamento dei clienti al loro personalissimo mercato. Questo loro metodo di vendita è molto efficace. Portando al cliente elementi altamente scadenti, ma con prezzi altamente meno costosi, queste piattaforme si sono conquistate una serie di clienti di fiducia. I social media inoltre rendono il passaparola estremamente rapido ed intuitivo.
Le piccole e medie imprese che basano i loro affari sullo stesso target che utilizzano siti come Shein e simili, stanno quindi perdendo terreno. Come se non bastasse a rendere tutto più complicato, nel momento in cui questa categoria di rivendita stava prendendo piede, è sopraggiunto come un flagello divino il Covid-19. La successiva pandemia globale e il conseguente isolamento forzato, non ha fatto altro che andare a fortificare le vendite di questo mercato online. E così è rimasto ancora oggi. la gente, rispetto a 5 anni fa, è meno incline ad andare a fare questo tipo di acquisti di persona. Vuoi la possibilità di non interagire con commessi e simili, la possibilità di fare acquisti direttamente dal divano di casa, con la finale aggiunta di prezzi estremamente competitivi, il risultato è uno. La sconfitta dei negozi fisici. La velocità e l’economicità di questi acquisti ha fatto sì che i loro affari raggiungessero livelli astronomici.
La frontiera del fast fashion
Però nulla nel mondo ha conseguenze positive, quando si raggiungono numeri così alti in un così breve lasso di tempo. Shein e tutte le rivendite che si occupano di vendita molto veloce e super economica di vestiti e di altri accessori simili, non rispettano tutti i regolamenti internazionali che si dovrebbero rispettare. Ad oggi sono state regolamento portate delle strette su queste categorie, ma troppe cose sono ancora spaventosamente libere e fuori controllo. Tutto, dalla produzione alla vendita alla distribuzione, pochissime di queste attività avvengono in zona europea. Standone al di fuori, difficilmente si può tenere sotto reale controllo questo meccanismo mastodontico. C’è da aggiungere poi che, questa produzione a catena di abiti in serie inquina in maniera spaventosa.
Tra le fabbriche che creano e assemblano i tessuti, la creazione dei loro contenitori, la distribuzione oltremare e lo smaltimento degli scarti, arriviamo a raggiungere livelli difficilmente calcolabili. Per non parlare poi degli scarti che vengono prodotti direttamente dal pubblico. Un abito non più desiderato viene spesso buttato, un incarto che ha concluso il suo ciclo di utilizzo, raramente finisce nella differenziata. In pratica tutto il processo è estremamente deleterio. Ma ad avere la colpa principale siamo noi, che continuando a comprare abiti scadenti su questi siti a rezzi bassi, alimentiamo la domanda, stimolando il mercato ad assecondare la richiesta. Se solo non ci fosse questa grande sete di acquistare tutto sarebbe più semplice. Ma non si può semplicemente chiedere al mondo di cambiare. Un buon compromesso sarebbe quello di non gettare nella discarica i vestiti che non vengono più utilizzati.
Ma è vero risparmio?
Dare loro, ad esempio, una seconda possibilità donandoli in beneficenza. Dovete sapere che dando in beneficenza, ad esempio mettendo i vestiti usati nelle raccolte gialle, si possono risparmiare fino alle 42 mila tonnellate delle emissioni di Co2. Evitando l’acquisto e lo smaltimento della fast fashion è questo il destino del mondo. per non parlare dei miliardi di metri cubi di acqua risparmiata. Le raccolte gialle dei vestiti usati permettono a individui più bisognosi di vedersi fornire degli abiti in buono stato, di cui hanno un reale bisogno. Questi poi non vengono redistribuiti solo in Italia, finiscono nelle mani di associazioni varie che si occupano dell’aiuto e del recupero di persone in tutto il mondo.
La fast fashion immette sul mercato decine di collezioni differenti con il passaggio di poche settimane o addirittura giorni, l’una dall’altra. Per tenersi al passo con i diversi trend quindi, si rischia di fare dei reali a difficilmente riparabili danni a vari ecosistemi. Le associazioni di raccolta e redistribuzione di abiti usati, negli ultimi anni stanno raccogliendo quantità astronomiche. Abiti che aiutano direttamente ed indirettamente i bisognosi. Le tantissime eccedenze finiscono nelle mani di associazioni terze che appunto si occupano della riqualifica e della terza ondata di redistribuzione, su più ampia scala con il ricavato dallo smaltimento di questi capi in fine, vengono oggi iniziate centinaia di attività solidali e sociali