La transizione verso le fonti rinnovabili sembra essere la soluzione alla questione climatica, eppure vi sono alcune problematiche: eccone 5!
La questione climatica non va sottovalutata, perché potrebbe avere conseguenze devastanti per il pianeta nel giro di pochi anni. Su questo gli esperti sono tutti concordi e anzi ve ne sono alcuni che parlano addirittura di una tendenza inarrestabile. In altre parole, anche agendo fin da subito con misure di contenimento del problema, secondo alcuni potrebbe essere già troppo tardi. Scioglimento dei ghiacci dovuto all’aumento della temperatura media mondiale, ingrandimento del buco dell’ozono, esaurimento di risorse idriche ed energetiche sono solo alcuni dei fattori con cui dovremo fare i conti in ogni caso.
In questo scenario la transizione verso l’uso di energia rinnovabile, contrapposto a quello di combustibili fossili, sembra essere un valido piano d’azione. Tra queste possiamo ad esempio annoverare l’energia eolica e quella fotovoltaica, che in Italia, per caratteristiche climatiche e conformazione territoriale, potrebbero trovare ampio uso. Anche alle energie rinnovabili, però, sono connesse alcune problematiche: di seguito ne esponiamo 5.
La prima è che si tratta di fonti energetiche non programmabili. In che senso? Nessuno è in grado di programmare il meteo o di decidere la quantità di vento che soffierà o la quantità di sole che splenderà. In questo senso si potrebbe dunque andare incontro a scompensi energetici o, al contrario, a sovraccarichi. Per queste ragioni è necessaria una gestione minuziosa del sistema elettrico, che dovrà essere in grado di prevedere e gestire l’andamento altalenante della fonte energetica.
Un secondo problema è connesso alla gestione dell’energia fotovoltaica al calar del sole. Quando la produzione di energia solare si ferma durante le ore notturne, il fabbisogno energetico delle città, paradossalmente, aumenta. Ciò comporta la necessità di ricorrere a fonti di produzione energetica alternative, ad esempio le centrali a gas, solitamente ottenuta da combustibili fossili. L’abbattimento totale delle emissioni di gas serra, in questo senso, è impensabile.
Per la stessa ragione l’unica soluzione equiparabile all’uso dei fossili potrebbe essere l’energia nucleare: essa non è infatti sottoposta a curve di oscillazione e permette una produzione costante durante tutte le ore del giorno e della notte, a prescindere dalle condizioni climatiche e ambientali. Eppure alcuni potrebbero chiedersi: “ma allora i siti di stoccaggio e accumulo di energia pulita?“. Lo stoccaggio, secondo le tecnologie attuali, permette un accumulo di energia nell’ordine di centinaia di megawatt, mentre la necessità pratica è di migliaia di terawatt, e questo soltanto per l’Italia!
Ciò ci collega al quarto punto: implementare le tecnologie attuali fino al punto di renderle totalmente efficienti non solo comporterebbe enormi costi in termini economici, ma anche tempi lunghissimi. Purtroppo, però, conciliare il concetto di “emergenza” climatica e quello di “tempi lunghissimi” è impossibile. Ma allora la soluzione quale potrebbe essere?
Prima di tutto è necessaria una rivoluzione culturale, che ci insegni un uso nuovo e più consapevole delle risorse. In questo senso in molti puntano alla cosiddetta “decrescita felice“, vale a dire a una riduzione controllata, selettiva e volontaria della produzione economica e dei consumi. Per molti, però, tale prospettiva rischierebbe di abbassare la qualità della vita, soprattutto nei Paesi con un alto indice di sviluppo umano.
In questo senso, dunque, sarebbe meglio puntare all’efficientamento energetico, aumentando l’indice di sviluppo umano nei Paesi che si trovano più in basso nella classifica e lasciando inalterato quello dei Paesi a indice maggiore. Per farlo bisogna rendere efficiente l’uso di risorse: il ricorso all’energia elettrica pro capite deve diminuire, mentre l’indice di sviluppo deve equipararsi in tutti i Paesi del mondo.