Transizione energetica: oggi si punta tutto su un grande protagonista che potrebbe però rappresentare un grande problema da qui a poco. I motivi
Si parla ormai da tempo di decarbonizzazione e di nuove strategie nell’utilizzo delle materie prime per consentire alla transizione energetica di entrare nel vivo senza rimanere solo un mero concetto. Ecco allora che per azionare la trasformazione in diversi settori, soprattutto quello dell’energia e dei trasporti, è necessario attingere da altre fonti.
Una di queste è senza dubbio quella che viene chiamata metallo rosso, ottimo per molteplici utilizzi e considerato, oggi, come si legge anche sulle pagine del Sole 24 Ore, il motore della transizione energetica. Parliamo del rame, molto ricercato ed utilizzato tanto nei macchinari industriali che nelle apparecchiature elettriche, motivo questo che lo elegge come indicatore di crescita e sviluppo. Emerge però, in tutto questo, un lato oscuro che potrebbe diventare un problema “gigante” per il prossimo futuro.
Rame e transizione energetica: come stanno le cose
Insieme al nichel, come anticipato, il rame è il grande protagonista della transizione energetica, al centro di un vero e proprio cambio generazionale. Gli esperti però avvertono: presto questo materiale impiegato per la creazione delle auto elettriche e di molte altre tecnologie verdi, potrebbe non bastare. In che senso? Oggi che il rame ha un grande exploit, vede crescere la domanda a dismisura e questa potrebbe essere, nel breve tempo, più ampia della disponibilità.
A lanciare l’allarme è uno studio realizzato da BloombergNEF (BNEF) che traccia un possibile deficit di offerta già a partire dal 2027. Tra qualche anno i 5,4 milioni di tonnellate all’anno di rame che si utilizzano potrebbero non bastare rispetto alla domanda e questo non farà altro che far sbalzare i prezzi alle stesse con aumenti maggiori anche del 20% rispetto a oggi. Ma di che cifre parliamo?
Facendo riferimento ai dati diffusi dal London Metal Exchange (LME), una tonnellata di metallo rosso nel 2023 ha un costo medio pari a 8.659 dollari (8.228 euro), con un picco, toccato a gennaio, di 9.356 dollari (8.890,5 euro) ed un minimo di 7.902 dollari (7.509 euro), dato registrato a fine maggio. Lo Stato che maggiormente richiede il rame è la Cina che utilizza circa la metà delle risorse attualmente presenti sul globo. C’è dunque da fare attenzione perché, se i prezzi salgono per carenza di disponibilità, le logiche della transizione cominciano a vacillare.
Cosa si può fare
La strategia migliore da mettere in atto è quella del riciclo. Solo riutilizzando il rame, si può combattere la carenza della materia prima e dunque stabilizzare il mercato tra richiesta e offerta e di conseguenza anche i prezzi del metallo rosso. C’è da dire, infatti, che negli ultimi tempi non solo si è registrato un calo della quantità di questo metallo, ma anche le possibilità estrattive non sono delle migliori. C’è bisogno, infatti, di lunghi iter per attivare dei progetti minerari e spesso questi vanno fatti in zone dove è molto difficile farlo, dove gli ostacoli per la costruzione di siti di ricerca e stoccaggio, necessitano di tempi lunghissimi.