E se la soluzione alle emissioni di anidride carbonica fosse un processo che la trasforma in ossigeno, come nella fotosintesi clorofilliana?
Stiamo vivendo una situazione di emergenza climatica e una delle sue cause principali è da ritrovarsi nelle emissioni di gas serra nell’atmosfera. Tali gas, per la maggior parte prodotti dall’attività industriale umana, dai veicoli con motori termici e, più in generale, dal ricorso ai combustibili fossili, sono ritenuti una delle cause principali del surriscaldamento globale.
L’aumento della temperatura media mondiale, a sua volta, è ciò che comporta lo scioglimento dei ghiacci, quindi l’innalzamento del livello dei mari e, più in generale, una serie di scompensi climatici che hanno gravi conseguenze sulla flora e la fauna del pianeta. Proprio a fronte di questa emergenza alcune branche della ricerca si stanno concentrando sulle possibili soluzioni da attuare per invertire o contenere il cambiamento climatico.
Svolta epocale: i pannelli fotosintetici che producono energia autoalimentandosi
Tra queste vi è sicuramente la ricerca sulle fonti di energia rinnovabile, intesa come energia pulita e alternativa a quella ottenuta dai derivati del petrolio o dal gas. Tra le fonti di energia alternativa ad oggi più conosciute possiamo sicuramente annoverare quella fotovoltaica, che sfrutta i raggi solari per produrre energia elettrica.
Il fotovoltaico trova numerosi campi di applicazione, sia a livello collettivo che individuale. E una nuova ricerca condotta da un team di ingegneri giapponesi dell’Università di Tokyo potrebbe appena essere giunta a una svolta epocale. Ma andiamo con ordine. Gli scienziati sono partiti dall’idea di sfruttare la scissione delle molecole d’acqua e la metanazione dell’anidride carbonica.
Come simulare la fotosintesi clorofilliana?
Inoltre si sono concentrati sul replicare il processo di fotosintesi clorofilliana che, tramite l’attività delle piante, trasforma l’anidride carbonica in ossigeno. In base a ciò hanno messo a punto dei pannelli solari fotosintetici, il cui funzionamento permette di produrre idrogeno e ossigeno tramite ricorso a celle di reazione rivestite con fotocatalizzatori di titanato di stronzio drogati con alluminio.
L’idrogeno, a sua volta, viene poi trasferito in una camera di reazione dove, legandosi con l’anidride carbonica, va a formare metano e acqua. Il metano viene dunque trattenuto, mentre l’acqua viene riutilizzata per il funzionamento dei cicli successivi. Tale processo è descritto nel dettaglio nello studio Production of Methane by Sunlight-Driven Photocatalytic Water Splitting and Carbon Dioxide Methanation as a Means of Artificial Photosynthesis pubblicato sulla rivista ingegneristica ACS Engineering Au.
Produzione di energia su larga scala: una prospettiva non troppo lontana
Nonostante si tratti ancora di pannelli in via di sviluppo e sperimentazione, gli scienziati sono molto fiduciosi sul loro margine di miglioramento e sul loro futuro utilizzo per la produzione di energia su larga scala. Dai test è infatti risultato che tali pannelli sono in grado di accumulare metano fotosintetico in ogni condizione meteorologica, ponendo un freno ai dubbi relativi all’efficienza del fotovoltaico in condizioni di meteo avverso. Ma non solo: un’ulteriore svolta sta nel fatto che i pannelli fotosintetici sono in grado di autoalimentarsi, riducendo la produzione di sostanze di scarto e recuperando fino al 70% dell’idrogeno.