Una nuova legge in Cile ha introdotto i crimini contro l’ambiente nel codice penale nazionale: si tratta di una decisione pionieristica.
I reati contro l’ambiente, ormai da decenni, sono all’ordine del giorno eppure nei codici penali dei Paesi tali reati sono disciplinati da leggi “sparse”, che spesso non chiariscono fino in fondo le modalità con cui approcciare e sanzionare i crimini contro l’ambiente. Anzi, in alcuni casi addirittura tutelano gli enti ufficiali o governativi nella reiterazione di attività che possano recar danno all’ambiente, alle persone, agli animali, alle specie vegetali o alle cose.
Ma in Cile, fortunatamente, non è più così: il Paese sudamericano è infatti il primo al mondo ad aver riformato il proprio codice penale, introducendovi una pionieristica legge sull’ecocidio. Più nello specifico vi è stata inserita la cosiddetta Legge dei crimini del colletto, che disciplina i reati economici e, più precisamente, anche alcuni crimini ambientali raccolti nel titolo Tentativi contro l’ambiente. Partendo dalla definizione internazionale di ecocidio, dunque, il Cile la ha incorporata negli articoli dal 308 al 310 ter del proprio codice.
Ma a quali reati si fa riferimento? In generale si parla di reati che riguardino ad esempio l’elusione dei controlli sulla valutazione dell’impatto ambientale, gravi danni agli ecosistemi, estrazione di acqua illegale o danni reiterati per l’ambiente. Ma non solo, poiché nel codice penale si fa ora riferimento esplicito a “distruzione su larga scala della vita vegetale o animale, avvelenamento dell’atmosfera o delle risorse idriche e qualsiasi altra azione che possa causare un disastro ambientale“.
E considerando quanto l’azione dell’uomo abbia provocato danni e stia ancora provocando danni all’ambiente, queste iniziative costituiscono un primo passo a dir poco necessario per la gestione delle emergenze ambientale e climatica. Il problema principale, per ora, rimane l’applicazione di tali leggi e di conseguenza delle sanzioni previste per questi reati.
A livello pratico si pensa che il passo successivo possa essere riconoscere l’ecocidio come quinto crimine contro la pace nello Statuto di Roma della Corte Penale Internazionale, come richiesto in una risoluzione parlamentare. Il governo cileno, però, non ha ancora dato seguito a tale risoluzione e gli ambientalisti sperano che possa esprimere il suo sostegno in un contesto internazionale per rafforzare la protezione della natura a livello globale.
Non è infatti da trascurare che il Cile sia il primo Paese ad aver riformato il proprio codice penale prestando particolare attenzione agli eco-crimini. Ciò denota due fattori culturali principali e opposti: da una parte la volontà di tacere o di sminuire un certo tipo di crimine contro l’ambiente (e dunque contro le specie animali e vegetali). Basti pensare che nel 2022 sono stati uccisi 177 attivisti per l’ambiente; dall’altra un lento “smuoversi delle acque” verso tali questioni. Si spera infatti che presto molti Paesi possano seguire l’esempio del Cile, disciplinando in maniera più sistematica i crimini contro l’ambiente e le azioni penali ad essi riferite.