L’uomo di Neanderthal lo faceva a mani nude | L’ultima scoperta degli studiosi

Chi pensa ancora che l’uomo delle caverne non avesse abilità dovrà ricredersi in seguito ai risultati di questo nuovo studio.

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Rappresentazione di un uomo di Neanderthal (Orizzontenergia.it)

Immaginare l’uomo di Neanderthal come un cavernicolo dall’aspetto e dagli usi animaleschi, privo di qualsiasi abilità organizzativa e mosso soltanto dagli stimoli di base è stato per decenni all’ordine del giorno. E in effetti l’espressione “uomo delle caverne” usata in senso dispregiativo fa riferimento proprio a questa specie di ominidi. Eppure con l’evolversi degli studi paleontologici e paleoantropologici siamo riusciti a giungere a conclusioni ben diverse e, soprattutto, molto più articolate.

Questo ominide profondamente simile all’homo sapiens ha abitato il pianeta per circa 170mila anni, tra il 200mila e il 30mila avanti Cristo, per poi scomparire in un arco di tempo così relativamente breve da costituire ancora oggi un enigma per molti studiosi. E nonostante la nomea di cavernicolo, l’uomo di Neanderthal ha saputo sviluppare comportamenti sociali complessi e capacità litiche altrettanto articolate.

Caccia al leone delle caverne: come facevano gli uomini di Neanderthal?

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Ricostruzione museale del leone delle caverne (Orizzontenergia.it)

Partendo da questi presupposti un gruppo di ricercatori tedeschi ha voluto provare che l’uomo di Neanderthal fosse così ben organizzato a livello sociale e abile nella caccia da poter affrontare anche predatori di grandi dimensioni (e non “soltanto” mammut come si è pensato per lungo tempo). In particolare gli studiosi dell’Università di Tubinga, guidati dallo zoo-archeologo Gabriele Russo, hanno preso in considerazione i resti di un leone delle caverne risalente a circa 48mila anni fa e anche alcuni reperti di natura simile ritrovati nel 2019 nella Bassa Sassonia.

Si tratta di una specie animale particolarmente aggressiva e pericolosa, al vertice della catena alimentare e dalle dimensioni ragguardevoli. Pensiamo che raggiungeva anche gli 1,3 metri alla spalla e che secondo alcuni studiosi poteva essere più forte e aggressiva dell’attuale tigre del Bengala. Inoltre il leone delle caverne compariva in un gran numero di rappresentazioni rupestri, il che fa supporre che questo animale avesse un’importanza particolare per gli ominidi dell’epoca. Ma allora come è possibile che gli uomini di Neanderthal siano riusciti ad affrontarlo?

Ricostruzione in 3D della battuta di caccia

Ebbene sta tutto scritto nello scheletro del leone: su una delle zampe è infatti presente un segno riconducibile all’uso di lance con punte in pietra o in osso, inoltre sulle costole dell’animale gli scienziati hanno trovato segni compatibili con l’uso di armi,d che confermano il fatto che gli ominidi avessero puntato al cuore per uccidere la preda. Ma non solo, poiché grazie all’aiuto della paleo-archeologa Annemieke Milks dell’Università di Reading, gli scienziati sono riusciti a ricostruire un modello 3D della battuta di caccia.

Grazie a questa impresa scientifica si è giunti alla conclusione che i Neanderthal potessero usare le pelli di leone a scopo culturale e che fossero in grado di rimuovere la pelliccia dal corpo senza rovinarla. “Questa potrebbe costituire la prima prova dell’uso della pelle di leone da parte dei Neanderthal, potenzialmente per scopi culturali“, hanno affermato gli autori dello studio, pubblicato nella sezione Scientific Reports della rivista scientifica Nature.

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