Oggi parliamo di consumo di carne e dei progressi che l’UE (non tutta) fa con le giuste manovre di legge. Il caso specifico riguarda la Danimarca dove la carne si appresta ad essere un ricordo lontano.
Partiamo da un fatto: il nostro pianeta non è più lo stesso. Non è una mera questione di retorica, è effettivamente così. Negli ultimi decenni l’ambiente che ci circonda è cambiato radicalmente, dalla conformazione di certi paesaggi ai soliti cicli stagionali. Perché? La risposta è una: il capitalismo non è un sistema di produzione sostenibile. Ma che significa essere sostenibile? In realtà neppure questa rappresenta una effettiva soluzione al problema.
Rendere il capitalismo più sostenibile significa semplicemente rallentare quelle che saranno delle conseguenze ineluttabili. Mitigare gli effetti nocivi di questo modo di produzione non significa cambiarlo ma semplicemente, appunto, mitigarne gli effetti nocivi, che, però, permangono. Ma quali sono queste conseguenze nefaste causate dal modo di produzione mondiale e in che modo impattano sulle nostre vite e quelle di tutto il mondo?
Iniziamo col dire che grazie ai “rifiuti” prodotti dagli attuali sistemi industriali l’intera biomassa del pianeta è stata più che dimezzata, con biomassa si intendono tutti gli esseri viventi, animali e vegetali, che popolano il nostro paese. La biomassa è stata consumata per più della sua totale quantità poiché l’uomo l’ha assoggettata per il proprio sostentamento promuovendo catene di consumo seriali, allevamenti intensivi, monoculture, fabbriche, industrie, allevamenti e tutto ciò che conosciamo in quanto tassello del nostro mondo.
Gli allevamenti intensivi sono fra i maggiori responsabili dell’inquinamento della nostra biosfera e della decimazione della biomassa e biodiversità complessiva del pianeta. Il meccanismo industriale che soggiace dietro alla serialità con cui la carne animale viene prodotta comporta delle emissioni di C02, metano e gas fossili da parte di questi allevamenti molto più che insostenibile. Il danno in termini di vite perdute è enorme, e lo è ancor di più se si pensa all’impatto che certe carni rosse hanno sulla nostra salute e a quello degli allevamenti intensivi sull’ambiente.
E’ un tratto distintivo del capitalismo quello di promuovere libere iniziative di mercato, a qualsiasi costo, a patto che portino profitti ingenti ai possessori dei mezzi privati (i proprietari di industrie, allevamenti, attività, ecc.). L’obiettivo è sempre uno: guadagnare più di quanto si pagano i lavoratori assunti alle proprie dipendenze. Ciò innesca delle dinamiche di competizione di mercato estremamente negative perché ad ogni costo si cercherà di guadagnare più di quanto si perde.
L’Europa, da quando l’inquinamento da C02, lo sfruttamento di risorse e tutto quanto è strettamente legato al modo irresponsabile di usufruire delle risorse della terra, come se fossero illimitate (quando invece sono più che finite), è diventato insostenibile ha cercato di mettere sù dei poco più che tiepidi tentativi di rallentare lo scoccare dell’ora x. Di fatto scienziati e studiosi identificano il momento in cui il pianeta non sarà più adatto ad ospitare la vita umana, animale e vegetale con il prossimo decennio.
Fra 7/10 anni il pianeta che è la nostra casa da sempre sarà dichiarato ufficialmente inospitale per la vita che accoglie. La Danimarca per incentivare il consumo di prodotti a base vegetale, assieme alla loro produzione, ha disposto una serie di misure agevolanti per il settore pubblico, l’industria e i centri di ricerca e sviluppo. I mezzi per cambiare le cose li abbiamo, basta avere bene in testa i piani legislativi da attuare per rendere effettivo il cambiamento.
Il ministro dell’Agricoltura danese parla di arrivo del futuro in Danimarca. Il governo di Copenaghen ha deciso di rispettare il clima e il pianeta ponendo in essere un piano di riforma finanziaria che sostenga i vari settori della produzione pubblica. A livello pratico si assisterà ad un aumento della produzione di prodotti a base vegetale soprattutto nei menù delle mense scolastiche e nel settore pubblico in generale. La Danimarca ha poi dichiarato di voler diventare leader mondiale nella produzione di plant-based food, fra cui rientra la carne finta.
Verranno finanziati i settori della formazione di chef appositi, le start-up e i centri di ricerca e sviluppo operanti nell’ambito del plant-based food. Il progetto è sostenuto da un fondo di 100 milioni di euro destinato alla promozione della campagna e dei prodotti stessi. Il ministro dell’agricoltura prevede che la manovra creerà 27.000 nuovi posti di lavoro e porterà ricavi pari a 3,5 miliardi di euro alle casse pubbliche (sanità inclusa). La nostra “Foot-print” climatica sarà ridotta a partire esclusivamente da interventi diretti dei governi europei analoghi a quello danese. Si prenda esempio.