Torniamo a parlare di buco dell’ozono: le novità non sono delle migliori. L’evento atmosferico che ha caratterizzato i cieli in questi ultimi mesi avrà conseguenze negative per la salute di tutto il pianeta.
L’ozono è solito accumularsi nelle zone corrispondenti alle latitudini tropicali del globo ed è un componente essenziale della nostra stratosfera. La circolazione atmosferica globale sposta poi la concentrazione di ozono dalle zone tropicali a quelle corrispondenti ai poli. L’ozono è un gas ossidante estremamente velenoso per l’essere umano, pertanto, il fatto che sia concentrato nella stratosfera e non a bassa quota è fondamentalmente un bene per noi.
Tuttavia non vanno confusi i fisiologici e naturali meccanismi stratosferici con le attività antropiche conseguenza dell’inquinamento atmosferico. L’ozono fa infatti parte dei contaminanti gassosi prodotti dall’inquinamento atmosferico, tuttavia la sua presenza nella stratosfera svolge la fondamentale funzione di scudo e identificatore per quelle radiazioni letali per la vita sul nostro pianeta, come le ultraviolette. Cloro e Bromo sono i principali responsabili delle reazioni chimiche ozono-distruttive che interessano lo strato di ozono stratosferico.
Buco dell’ozono: la concentrazione ai poli subisce l’ennesimo attacco
Queste reazioni sono le principali responsabili dell’assottigliamento dello strato di ozono, per noi salvifico, presente nella stratosfera. Gli elementi chimici responsabili delle reazioni avverse sono prodotti interamente dall’azione umana così come la presenza, stavolta nociva, dell’ozono a bassa quota è dovuto alle attività di combustione fossile antropiche. L’ozonosfera rappresenta un attento oggetto di studio dalla fine degli anni 70 del ‘900. Da allora è stato possibile identificare col nome di “buco dell’ozono” il progressivo assottigliamento di questo particolare strato atmosferico che soprattutto in primavera subisce il maggiore calo di densità.
La riduzione dell’ozonosfera si aggira attorno al 71% sulla regione antartica e al 21% nella zona dell’Artide (le percentuali si riferiscono alla raccolta dati del 2011). L’Università di Otago, in Nuova Zelanda, ha effettuato un nuovo studio finalizzato al monitoraggio dello stato di avanzamento o regressione dell’assottigliamento dell’ozonosfera. Dacché si pensava di assistere ad un miglioramento della situazione rispetto al 2011, il risultato ha di fatto spiazzato, negativamente, il team di ricerca.
Il buco dell’ozono non è in via di guarigione, neppure lontanamente. Dall’analisi è emerso che da ben 4 anni il buco è rimasto stabile, e “notevolmente massiccio” il che significa che la quantità d’ozono è diminuita in quantità notevoli rispetto a 19 o 20 anni fa. La notizia è sconcertante perché fra i suoi risultati include la constatazione di una maggiore profondità dell’assottigliamento dello strato assieme alla maggiore longevità nel tempo dello stato di precarietà.
Quali sono i fenomeni che hanno contribuito all’assottigliamento dell’ozonosfera?
Nel caso in cui non fosse chiaro, è bene ribadire che lo strato di ozono presente nella stratosfera è il responsabile della possibilità della formazione di biodiversità sul nostro pianeta. L’ozono (O3) funge da scudo per le radiazioni ultraviolette che impattano con la nostra atmosfera assorbendo la componente UV-C e UV-B di quelle. Il rapporto fra ozono e radiazioni ultraviolette è quindi inversamente proporzionale: maggiore sarà la quantità di ozono, minori saranno le radiazioni in grado di raggiungere l’atmosfera; minore sarà la quantità di ozono, maggiori saranno le radiazioni nocive.
Le radiazione UV-B sono inoltre particolarmente nocive per la vita: innescano la formazione di melanomi e tumori, rendono sterili numerose forme di vita e causano una parziale inibizione della fotosintesi delle piante. Flora marina e terrestre sono dunque minacciate da questo fenomeno e raccolti poveri corrispondono alla pressochè totale impossibilità di alimentazione a carico dell’intero ecosistema.
Ad aver giocato un ruolo significativo sulle concentrazioni di ozono sono anche stati fenomeni come l’eruzione del Hunga Tonga-Hunga Ha’pai del 2022 e gli incendi boschivi della scorsa estate. Lo studio è stato pubblicato su Nature Communications e fa riferimento alle analisi svolte nel 2022, circa un anno pieno fa. Direttamente collegato al tema della riduzione dell’ozonosfera è quello della salute del pianeta da tutelare tramite transizione ecologica.