Da composti naturali a oro: scoperto il batterio che lo rende possibile

Un batterio riesce a discernere gli ioni di oro dispersi nell’ambiente, trasformando sostanze naturali in pepite d’oro. La scoperta sensazionale dagli USA.

batterio digerisce oro
Il batterio che secerne le sostanze e le trasforma in pepite di oro (OrizzonteEnergia.it)

I ricercatori dell’Università del Michigan hanno scoperto l’esistenza di un batterio capace di riconoscere gli ioni dispersi nell’ambiente, riuscendo a digerirli producendo pepite di oro massiccio.

Con il nome di Cupriavidus metallidurans ci si riferisce al batterio scoperto dal professor Kazem Kashefi esperto di microbiologia e Adam Brown, professore associato di arte elettronica, e che insieme hanno condotto questo studio congiunto che ha avuto il merito di individuare il batterio capace di convertire i composti naturali in oro 24 carati. Una scoperta che promette di essere rivoluzionaria e di influire non poco nel mondo dell’industria.

Il batterio dallo stomaco di ferro che secerne oro puro

pepite di oro
Piccole pepite di oro (OrizzonteEnergia.it)

L’oro, come qualsiasi altro metallo, viene trasformato da una serie di processi chimici che lo vedono disciogliersi dagli elementi minerali a cui è legato e sedimentarsi nel sottosuolo. Qui comincia l’azione del batterio scoperto. In questi processi, infatti, i batteri hanno un ruolo fondamentale, ma quando si tratta di metalli l’ambiente diventa ostile anche per loro. Non per il Cupriavidus metallidurans che invece agisce come un vero purificatore di metalli.

Riesce, in sostanza, a reagire alle sostanze tossiche una volta ingerite e non solo sopravvive ma le digerisce evacuando di conseguenza delle piccolissime pepite di oro.

Nella realtà dei fatti, il batterio è stato scoperto già nel 2009, ma solo oggi i ricercatori sono riusciti a scoprire come il batterio riesca a sopravvivere alla tossicità degli ioni d’oro durante il processo di digestione. Secondo i ricercatori della Martin Luther University Hallen Wittenberg che hanno avuto la possibilità di studiare il batterio da vicino, quest’ultimo riesce a sopravvivere mettendo in gioco una speciale coppia di enzimi.

Nello specifica si tratta del CupA, il quale fa sì che gli ioni di rame pure presenti nel terreno non penetrino nelle cellule, dove sarebbero letali. A questo, si aggiunge l’azione del CopA che rende meno tossici i metalli. I due enzimi lavorano all’unisono, con il primo che elimina il rame e il secondo che rende i metalli più digeribili. A questo punto l’oro viene ridotto in nanopoarticelle ovvero minuscole pepite che si concentrano sulla parte esterna del batterio senza danni al microrganismo.

La ricerca va ancora avanti, ma le implicazioni nella scienza, nell’industria come nell’arte potrebbero influire e non poco.

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