Piante e fiori di plastica, un’alternativa tanto apprezzata che però nasconde una verità che ha come nucleo un punto: l’inquinamento da plastica.
Non è raro vedere in ambienti chiusi, come studi medici o luoghi di lavoro, o anche case private, l’ausilio di piante e fiori di plastica per colorare l’ambiente. Una scelta che cerca di permettere di avere un effetto verde e positivo nell’ambiente, senza però dove accettare l’idea di accudire e coltivare delle piante vere. Una soluzione pratica che risponde ad una mancanza di cura che il mondo moderno ci ha messo sulle spalle, ma questa è una scelta responsabile?
Partiamo prima di tutto nel porci davanti un ragionamento più etico e morale, soffermandoci sugli spaventosi dati che circondano il mondo della plastica. Da dopo la seconda guerra mondiale i prodotti in plastica hanno avuto una grandissima accelerazione, trasformando, in maniera profonda, la vita e i consumi di tutti. Una vera e propria rivoluzione che ha cambiato radicalmente la vita di tutti noi, dal mondo della medicina, ai trasporti, alla sicurezza e così vi discorrendo.
La comodità della plastica è un dato di fatto che ha trasformato le vite di tutti quanti, cambiando radicalmente il rapporto con il consumo. Sì, perché, e questo dato non possiamo non metterlo subito a disposizione di tutti, oggi le plastiche monouso costituiscono il 40% di tutte quelle prodotte ogni anno. Eccoci davanti l’idea dell’usa e getta, di produzione di massa e di plastiche monouso che servono come contenitore, come consumo momentaneo, che alla fine vengono gettate.
Un rapporto che cambia, nel quale la produzione e il consumo sono veloci ed istantanei. Un mondo che ci permette di avere tutto, subito, ad uso anche momentaneo, pronto per essere gettato e sostituito. Dal tubetto per il dentifricio, fino alle piante in plastica. Eccoci davanti un grande paradosso morale che questo fenomeno ha creato: non importa la fatica e la pazienza nel coltivare un ambiente verde, puoi avere lo stesso effetto, subito, pronto, con carburanti fossili trasformati. Una finta natura per creare un ambiente naturale, senza il minimo sforzo, con un materiale che sta uccidendo la natura.
Il paradosso è visibile e si inserisce all’interno di un sistema che, dati alla mano, mette alla prova anche un cuore forte. Si contano, circa, 8,3 miliardi di tonnellate di plastica prodotta a partire dagli anni ’50, un equivalente di peso di 1 miliardo di elefanti. Di tutta questa, la metà è stata prodotta solo negli ultimi 15 anni, con un aumento esponenziale della produzione, che è passato da 2,3 milioni di tonnellate nel 1950 a 448 milioni di tonnellate nel 2015. Ma la plastica è possibile riciclarla no?
Sì, in teoria e non tutta. Di tutta la plastica prodotta, solo il 9% di tutta quella prodotta dagli anni ’50 è stata correttamente riciclata. Il 12% è stata bruciata negli inceneritori e, infine, il 79% è finita o nelle discariche o nell’ambiente. Ogni anno si contano 8 milioni di tonnellate di rifiuti di plastica finiscono negli oceani. Un danno ambientale epocale che vede questi prodotti essere usati 1 giorno e durare 1 secolo. Molti di questi contengono additivi che rendono le plastiche più resistenti, più flessibili e durevoli.
Una situazione che sembra mantenere il rifiuto integro ed imperituro, ma non è così. La plastica deperisce, anche se ha bisogno di molto tempo per tornare ad essere parte della natura, e il deperimento è continuo, sprigionando uno dei grandi drammi ambientali moderni: microplastiche. Sole e mare degradano la plastica in piccole particelle, sempre più piccole che diffondono nei mari. Entrano a far parte, così, di un ciclo alimentare che ammala questi animali, togliendo appetito, bloccando alcuni tratti dell’apparato digerente o perforando degli organi, ma si contano anche danni cellulari e disturbi del sistema riproduttivo.
Una quantità che, in questi decenni, si è dispersa tanto da finire all’interno del sistema alimentare di tutto l’ambiente, raggiungendo anche animali non marini. Sono state ritrovate microplastiche anche nel fegato di molti esseri viventi nella terraferma, arrivando a compromettere 700 specie diverse. Anche noi siamo colpiti da questa crisi climatica che abbiamo creato. Le microplastiche si trovano nel pesce che mangiamo, nell’acqua e in molti altri alimenti.
Tanto che delle microplastiche sono state trovate anche dentro la placenta di donne incinta. Una ricerca nel New Mexico ha trovato tracce di microplastiche in ciascuna delle 62 placente umane sotto osservazione. Ad ora sono avviate le ricerche per riuscire a capire quanto sia pericoloso e se possono apportare dei danni al feto e alla madre.
Ma quindi vanno bene le piante di plastica? Preso coscienza di tutto questo apparato, ci possiamo rendere conto che il dramma principale è il rifiuto di plastica che, il più delle volte, viene disperso nella natura. Decidere di comprare dei fiori o delle piante di plastica alimenta un sistema che continua a produrre le tonnellate di plastica precedentemente descritta.
Decidere di non comprare le piante di plastica è una scelta responsabile, che non alimenta un sistema che sta ammalando il pianeta. Piante naturali, vere, fiori freschi, colorati. Questa potrebbe essere una scelta migliore, anche se più dispendiosa e, sicuramente, che ha bisogno di cure e tempo. Ma avrete modo di vivere il cambiamento della vostra casa, dei colori delle stagioni, dei profumi dei fiori e, soprattutto, avrete modo di prendervi cura delle vostre piante. È arrivato il momento di abbandonare la concezione dell’usa e getta in favore della cura.
Non preoccupatevi, il pollice verde non è una dote naturale, è solo allenamento!
Fonti:
National Geographic
WWF
GreenPeace