Prende sempre più forma il Gasdotto della Linea Adriatica che partirà da Sulmona e arriverà a Minerbio attraversando cinque Regioni. Intanto non si fermano le proteste e i flashmob alla sua realizzazione.
Era stato annunciato lo scorso anno, ma sta cominciando a prendere forma solo ora il Gasdotto della Linea Adriatica che partirà da Sulmona, in provincia dell’Aquila, per arrivare Minerbio, nel bolognese attraversando così 5 regioni: Abruzzo, Marche, Umbria, Toscana ed Emilia-Romagna.
Un investimento da 2,5 miliardi di euro per la creazione di questa nuova infrastruttura che ha l’obiettivo di aumentare la capacità di trasporto lungo lasse sud-nord, con un aumento di 10 miliardi di metricubi annui. Il gasdotto, realizzato per il trasporto di metano verso il nord dell’Italia zona del Paese che ne richiede e consuma di più, sarà attrezzato anche per il futuro trasporto dei cosiddetti “gas verdi”, miscelati o da soli, come l’idrogeno.
Un progetto nato anche dalla necessità di rendere l’Italia più autonoma rispetto all’acquisto di gas dalla Russia, principale fornitore fino all’inizio del conflitto, e guardare verso nuovi Paesi per i rifornimenti, in questo caso l’Africa.
La Snam che gestisce i lavori: “Nostro obiettivo ridurre i rischi ambientali”
L’inizio dei lavori è previsto per questa primavera, un cantiere che resterà attivo fino alla fine del 2027 e con una stima di lavoratori che si aggira intorno alle 800 persone. Il progetto, a trazione PNRR, fa appunto parte della linea Adriatica, gasdotto che dalla frontiera greco-turca che attraverserà Grecia ed Albania fino ad arrivare sulle nostre coste adriatiche.
I lavori porteranno alla realizzazione di un’opera ritenuta strategica anche dall’Unione Europea e che avrà una lunghezza di 430 km. Nel frattempo Snam, società nazionale di mentadotti che si occupa del trasporto, stoccaggio e rigassificazione del metano, ha appaltato alla Baker Hughes la realizzazione dei tre turbocompressori capaciti di garantire una flessibilità di combustione fino al 10% di miscela di idrogeno. L’avvio dei lavori è previsto per maggio prossimo.
Oltre 400 km e 5 Regioni significa lavorare ed entrare a contatto con tipologie differenti di ambiente e soprattutto di terreno su cui poi si va a trivellare, l’obiettivo di Snam comunque, hanno fatto sapere tramite Maria Sferruzza ingegnere responsabile del progetto, che uno degli obiettivi è quello di avere il minor impatto possibile sull’ambiente. Un processo permesso soprattutto grazie all’utilizzo delle tecnologie e metodologie di ultima generazione. Nonostante questo, negli ultimi mesi le popolazioni di molte delle zone interessate dai lavori si sono mobilitati per cercare di fermare la realizzazione del gasdotto.
Il movimento No Tubo delle zone alluvionate
È soprattutto la Romagna ad opporsi alla scavo; qui tra Forlì è Cesena -due dei comuni più colpiti dall’alluvione dello scorso maggio- è nato il movimento No Tubo che unisce tutta quella parte di popolazione preoccupata che gli scavi per la realizzazione del gasdotto possano incidere ancora di più su un territorio a forte rischio (l’alluvione appunto ma anche i terremoti disastrosi delle Marche e dell’Umbria) oltre che sull’ambiente stesso.
Tutte preoccupazioni a cui Snam ha provato a rispondere concretamente riportando i dati di quanto successo sulle altre linee di gasdotti realizzati. “Ogni metro di terreno viene valutato sul posto -ha spiegato qualche mese fa in un’intervista Maria Sferruzza-. Abbiamo già previsto 24 varianti, condivise con gli enti locali e pensate per ridurre o evitare l’impatto sui centri abitati e i luoghi naturalistici. Abbiamo un gasdotto lungo il fiume Marecchia, in quell’area da noi ripristinata, a maggio non c’è stata alcuna esondazione.”
Inoltre per garantire il riequilibrio naturalistico, Snam si impegna fino al 2027 a ricreare l’ambiente così come era stato trovato se non addirittura meglio, come dimostrano i 240mila alberi piantati sulla direttrice Rimini-San Sepolcro.